Il nodo Palermitano della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro con questo blog intende creare uno spazio libero di informazione di classe aperto a tutti coloro che ((consapevoli della continua strage di lavoratori morti sul e per il lavoro)) vogliano contribuire alla lotta -- BASTA MORTI E INFORTUNI IN NOME DEL PROFITTO T -- PADRONI ASSASSINI PAGHERETE CARO . PADRONI ASSASSINI PAGHERETE TUTTO -- per un contatto diretto 338-3342733 o 338- 7708110 oppure retesicurezzalavorosicilia@gmail.com

sabato 29 dicembre 2012

Milazzo: Ex lavoratori della Raffineria protestano al tribunale


Hanno protestato davanti al tribunale per rivendicare il diritto ad una "giusta causa" nell'ambito dei processi intentanti da 200 ex lavoratori contro la Raffineria di Milazzo. Stamatina decine di ex dipendenti dell'industria (e delle ditte ad esse collegate nell'indotto) hanno manifestato con striscioni e slogan davanti ai cancelli lamentando in un comunicato scarsa attenzione verso le cause e i procedimenti in materia ambientale. Gli ex operai, che secondo loro si sarebbero ammalati a causa della presenza di amianto ed altri inquinanti sul posto di lavoro,  si dicono avviliti perchè "dopo aver aspettato 6 anni per avere un "giusto" processo con grande sofferenza e con grave dispendio di denaro, vedere vanificato per cavilli legali il nostro diritto per avere un giusto risarcimento da una giusta causa. Nostro malgrado siamo qui riuniti in assemblea per denunciare che nel processo da noi intentato nei confronti della Raffineria di Milazzo presso il Tribunale di barcellona sez. lavoro al fine di ottenere il risarcimento dei danni arrecati alla salute: biologici, morali ed esistenziali, il Tribunale non ha ammesso nessuna prova testimoniale ne ha disposto indagini ambientali, ne il giudice ha avanzato alcuna richiesta d' informazione per i circa 200 casi in ricorso all' Arpa, Provincia, Asp e Inail su inquinamenti acustici ed ambientali e da un collegio medico inizialmente richiesto. E assolutamente scandaloso tale attegiamento» scrivono.
Nel documento si contesta anche  che "da un collegio medico iniziale, è stat aamesaa solo una ctu medica, che su circa 200 casi non ha fatto propria alcun esame specialistico", contestando i documenti rilasciati da altri colleghi di enti pubblici, "escludendo i documenti ambientali" depositati e dichiarando l'inesistenza del collegamento tra la malattia dichiarata e il posto di lavoro. Nel documento distribuito e pubblicizzato anche su facebook gli ex lavoratori si domandano che fine hanno fatto i fondi dei Piani di risanamento che dovevano essere utilizzati per bonificare l'area industriale della Valle del Mela.

17 dicembre 2012

http://www.oggimilazzo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3679:ex-lavoratori-della-raffineria-protestano-al-tribunale&catid=297:industrie&Itemid=552

giovedì 27 dicembre 2012

Il Comitato tecnico regionale diffida la Raffineria di Milazzo


Gli studi della società non hanno soddisfatto il Comitato tecnico regionale che ha richiesto tempo più stretti per agire. Delibera del Comitato tecnico regionale blocca gli aumenti di produttività in attesa della documentazione

PALERMO – Secondo capitolo dell'istruttoria del Comitato tecnico regionale (Ctr) a proposito del rapporto di sicurezza (aggiornamento 2010) della Raffineria di Milazzo, così come previsto dalla normativa europea Seveso II per gli stabilimenti a rischio incidente rilevante (Rir) che hanno l'obbligo di presentazione del rapporto di sicurezza sulla base dell'articolo 8 del D.L.vo. 334/99. Il Ctr, che evidentemente non è stato pienamente soddisfatto dalla risposta dell'azienda in riferimento alle prescrizioni richieste dalla delibera del 17 maggio scorso dove si richiedevano studi approfonditi e un crono programma di lavori da realizzare, ha diffidato la Ram a produrre documentazione adeguata sui progetti per la messa in sicurezza delle criticità entro due mesi. Intanto blocco assoluto in merito ad aumenti di produttive o modifiche che accrescano il rischio.

Il Ctr ha trasmesso il documento alla Raffineria e agli organi competenti lo scorso 7 dicembre. Il riferimento corre alla delibera del 17 maggio con la quale si prescriveva la presentazione degli studi richiesti nel verbale del gruppo di lavoro del 15 e 16 maggio scorso, e in seguito il crono programma dei lavori. La delibera spiega che parte delle richieste riportate nel documento del maggio scorso non sono state adeguatamente ottemperate e diffida il gestore a produrre entro 60 giorni la documentazione in merito agli studi per l'estensione del sistema di rilevazione gas infiammabili, del sistema perimetrale di rilevazione H2S (idrogeno solforato, sostanza inquinante che ad alte concentrazioni viene classificata come veleno) e dell'adeguamento dei sistemi di anti incendio. Il quarto punto richiede “il crono programma con la descrizione delle varie fasi – si legge sul documento - a supporto delle indicazioni temporali per la sua attuazione”. Una precisazione perché “i tempi indicati nel crono programma presentato, benché deficitario degli studi di dettaglio – si legge sulla nota – sono eccessivamente dilatati nel tempo e pertanto non accettabili”.

La conclusione è decisiva. “Si precisa inoltre che, in considerazione di quanto emerso, non potranno essere prese in considerazione nuove proposte di modifiche di impianti che prevedano incrementi del preesistente livello di rischio e/o modifiche comportanti aumenti di produttività ai fini dell'esercizio che interferiscono con l'esistente, fino a quando non saranno completati i lavori” che fanno riferimento ai punti precedentemente espressi. L'ultima freccia viene scoccata in merito allo studio presentato dalla società lo scorso 31 luglio e relativo all'”Installazione di nuovi sistemi automatici di rilevazione di fiamma”, che il comitato ha ritenuto basarsi su termini temporali “troppo dilatati nel tempo”. Retrodatata quindi la scadenza della consegna dei lavori al 31 dicembre del 2013.

Netto il commento di Giuseppe Marano, consigliere comunale, da oltre un anno impegnato in prima linea nelle fila ambientaliste. “Se io fossi il sindaco di Milazzo – ha precisato – zona dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale, chiederei la piena adozione delle prescrizioni come da delibera del Ctr a pena di chiusura impianti fino al soddisfacimento”. Per l'esponente politico milazzese si tratta di “un'azione necessaria per tutelare prioritariamente la salute e assicurare la sicurezza dei lavoratori che vivono quotidianamente l'impianto e anche dei cittadini”.


http://www.qds.it/11541-il-ctr-diffida-la-raffineria-di-milazzo.htm

lunedì 17 dicembre 2012

Raffineria di Milazzo, protesta di cittadini e lavoratori: «Qui un nuovo caso Ilva»


INQUINAMENTO INDUSTRIALE

Raffineria di Milazzo, protesta di cittadini e lavoratori: «Qui un nuovo caso Ilva»

Manifestazione degli ex lavoratori delle industrie dell’indotto davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto

MESSINA– E’ un nuovo caso Ilva, ma i cittadini arrabbiati sperano che questa volta gli inquirenti intervengano prima che ci siano altri morti o persone malate per l’inquinamento ambientale. E’ la Raffineria di Milazzo che per i residenti rappresenta ormai una minaccia alla loro salute. Numerose le proteste, l’ultima oggi, lunedì 17 dicembre, davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto da parte degli ex lavoratori della Raffineria e delle industrie dell’indotto che hanno riscontrato, dopo anni di lavoro, patologie gravi secondo loro legate al contatto con l’amianto e altri inquinanti. Con loro protestano anche diverse decine di cittadini di Milazzo e il presidente della commissione Ambiente del comune mamertino, Giuseppe Marano. Gli ex dipendenti della Ram sono esasperati come spiega Giovanni Billa, esponente del comitato che afferma: “Questa libera manifestazione è un atto di protesta nei confronti di tutti coloro che vogliono disconoscere il serio e mortale problema dell’inquinamento industriale che miete vittime e crea problemi di salute più o meno gravi ai cittadini di Milazzo, del suo hinterland e della valle del Mela. Se nelle varie sedi quali, Ministeri, Regioni, Provincie, Comuni, Tribunali, Procure, non si vedono o forse peggio ancora non si vogliono vedere i documenti ambientali, che comprovano lo stato di salute dell’ambiente, e di conseguenza, quella dei cittadini, si commettono tutta una serie di reati contro l'umanità".
LE DENUNCE - "Molti di noi - prosegue - lottano ogni giorno contro malattie molto gravi causate proprio dal contatto con l’amianto e altri inquinanti e dobbiamo soffrire ancora di più perché i giudici non vogliono prendere in considerazione le istanze presentate dal nostro avvocato Maria Calderone. Pretendiamo che siano analizzati i documenti sanitari forniti in corso di contraddittorio e ci chiediamo perché il tribunale non abbia ammesso come prova gli accertamenti di Contarp e Inail che attestano le esposizioni ad amianto oltre le 100 fibre. Vorremmo poi sapere perché non sono state chieste ispezioni o controlli ad Arpa, Comune, Provincia o Regione”. I lavoratori lamentano poi anche la superficialità dei Ctu nominati dalla procura di Barcellona e dicono: “Hanno cambiato nella forma e nella sostanza il quesito dei giudici non valutando alcune richieste e non mettendole nelle loro relazioni. Non hanno tra l’altro inserito nella documentazione gli effetti previsti nei progetti ‘Who Euro Ecet Rome’ e ‘Sentieri’ dell’organizzazione mondiale della Sanità che confermano il nesso causale tra malattie e inquinamento nei territori dove sono presenti i siti delle raffinerie siciliane di Siracusa, Gela e Milazzo. I Ctu sono stati poi da noi denunciati".

UN’ALTRA ILVA - I lavoratori poi confrontano il loro caso con quello dell'Ilva e dicono: "Riteniamo che i decreti salva industrie sono amorali e rivelano doppiezza d’animo, indici di una società moderna malata che crede nel vile dio denaro sovrano su tutte le cose. Così abbiamo assistito nel caso dell’Ilva di Taranto al trionfo del denaro sulla salute pubblica, non volgiamo che anche qui accada lo stesso”. “A Milazzo – conclude Billa – molti lavoratori e cittadini si sono ammalati e un sinergismo tossico e complesso d’inquinanti di chiara derivazione industriale, fa mutare il Dna dei nostri bambini, come pubblicato nel mese di febbraio del 2012 in una rivista prestigiosa l'Epigenomics, ma ancora le nostre istituzioni non intervengono”. Dello stesso parere Giuseppe Marano che spiega: "L’Arpa regionale da mesi ha denunciato in modo chiaro che le emissioni maleodoranti che ammorbano l’aria a Milazzo provengono dai cicli di lavorazione della raffineria. E l’Ufficio Speciale, il 13 luglio del 2012 ha fatto pubblicare un decreto sugli odori molesti dove erano previste delle prescrizioni. Ma anche in questo caso il sindaco di Milazzo non solo non ha spiegato ai cittadini le modalità di comportamento da adottare, ma non ha mai dato seguito alle loro denunce”.
MISURE DI SICUREZZA - “Visto questo stato di cose – prosegue Marano - noi ora pretendiamo che venga rivalutata la valutazione integrata ambientale (Aia) per la Raffineria di Milazzo, non vogliamo che si perdano posti di lavoro, ma che siano prese le opportune misure di sicurezza per rispettare ambiente e salute dei cittadini. Anche perché da successivi ispezioni dell’Ispra sono state confermate altre problematiche all'interno dello stabilimento industriale e c’è stata anche una diffida del Ministero dell’Ambiente, però oggi non sappiamo se sono stati poi presi i provvedimenti necessari. Infine, ricordiamo che nel mese di maggio il Comitato tecnico regionale ambientale è entrato alla Raffineria e ha individuato numerose criticità dal punto di vista sismico e idrogeologico, ma non sappiamo ancora se sia iniziato l’adeguamento degli impianti”.

CROCETTA FIRMI PIANO RISANAMENTO AMBIENTALE - “Denunceremo alla Procura – conclude Marano - le omissioni da parte delle istituzioni locali affinché non ci siano altri morti e chiederemo poi al Predente della Regione Rosario Crocetta la firma dei piani di risanamento ambientale, senza i quali sarà difficile intervenire per risolvere la situazione". Recentemente anche la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per gli ex presidenti della Regione Cuffaro e Lombardo e sette ex assessori all’Ambiente per la mancata applicazione dei piani di risanamento e bonifica di questa una zona considerata a rischio ambientale.
Gianluca Rossellini
17 dicembre 2012

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/notizie/cronaca/2012/17-dicembre-2012/raffineria-milazzo-protesta-cittadini-lavoratori-qui-nuovo-caso-ilva-2113203569023.shtml

mercoledì 5 dicembre 2012

Scuole sempre più insicure

Scuole sempre più non a norma, edifici sempre più fatiscenti, senza impianti funzionanti tra i più basilari, vedi in molti casi quello di riscaldamento, aree scolastiche sempre più a rischio con tetti o pareti  che crollano,  alla 
faccia di quanto è contemplato dalle leggi vigenti, mentre studenti e lavoratori  si ritrovano sempre più spesso in situazioni di reale pericolo.

In una scuola di Palermo a fronte della denuncia legittima di alcune lavoratrici della nostra O.S. circa le condizioni dell'edificio ubicato in un appartamento in molti casi non a norma, il referente esterno alla sicurezza che 
sigla con il Dirigente Scolastico il documento programmatico sulla sicurezza ha così esordito: " sì effettivamente per molti versi la scuole non è a norma... ma allora dovrebbero chiudere quasi tutte le scuole della città ma non solo e 
non è possibile... e  poi bisogna pure rischiare un tantino... se no?..."SE NO!!??  

Se per lor signori, dai Dirigenti Scolastici... al governo Monti/Profumo del massacro della scuola pubblica con tagli sempre più massicci alle risorse,  la vita degli studenti e dei lavoratori non conta nulla, PER NOI NON E' AFFATTO 
COSI'... 

Lottare fino in fondo per la difesa della nostra condizione di vita

Slai Cobas per il s.c. Palermo

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Salerno: Paura a scuola, crolla una parte del solaio durante le lezioni

Forse è stata un’infiltrazione dell’acqua, o forse il segno del tempo, ma oggi all’istituto Trani è crollato una parte del solaio imponendo lo sgombero di una classe. Lo scrive il quotidiano Il Mattino di Salerno sulle sue pagine on 
line.

Secondo le prime informazioni – scrive Il Mattino – non ci sono stati feriti, fra gli studenti della classe coinvolta, ma solo una grande paura. Anzi il dirigente dell’Istituto Professionale Industria e Artigianato ha solo disposto la chiusura dell’aula interessata dal crollo senza interrompere le lezioni.

Si aspetta domani l’intervento dei tecnici in via Iannicelli per verificare la tenuta dei soffitti sia nell’aula interessata che nell’intero istituto superiore.

Fonte IlMattino.it

martedì 4 dicembre 2012

Catania, contadino dilaniato da una fresa terza morte sul lavoro in 3 giorni



È un diciassettenne che stava operando in un vigneto a Mazzarrone. Nei giorni scorsi sono morti un operaio indiano a Caltagirone e un portuale nella nuova darsena del capoluogo etneo

Sale vertiginosamente nel Catanese il numero di morti sul lavoro. L'ennesima tragedia nella tarda mattinata di oggi, un ragazzo di 17 anni, Gaetano Di Stefano, ha perso la vita mentre a bordo di un trattore stava fresando un vigneto di Mazzarrone. Forse una distrazione, forse si è sporto troppo. La fresa lo ha agganciato alla tasca del giubbotto, tirandolo giù e dilaniandolo. Il ragazzo è morto sul colpo. Il proprietario del fondo accorso per prestargli soccorso, si è sentito male e sotto shock è ricoverato nell'ospedale di Caltagirone. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, i vigili del fuoco e l'elisoccorso.

Questo è il terzo caso, in poco più di tre giorni. Giovedì scorso a perdere la vita è stato Felix Pereira, operaio indiano di 53 anni mentre lavorava in una ditta di Granieri, frazione di Caltagirone. L'uomo è morto dopo una caduta di oltre tre metri; le indagini sono in corso per accertare le cause del decesso.

Sabato, un'altra tragedia al porto di Catania. Nel cantiere della nuova darsena, è morto, travolto da un escavatore, Riccardo Bellucci, di 34 anni. Il mezzo era manovrato da un collega che non si è accorto della sua presenza ed effettuando marcia indietro lo ha investito ed ucciso.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/12/03/news/catania_contadino_dilaniato_da_una_fresa_terza_morte_sul_lavoro_in_3_giorni-47997463/

lunedì 3 dicembre 2012

Catania, due morti sul lavoro in 24 ore perde la vita operaio travolto da ruspa


L'incidente al cantiere della nuova darsena del porto etneo. L'uomo è stato travolto da un escavatore durante una manovra. Ieri la morte di un operaio indiano a Caltagirone


Catania, due morti sul lavoro in 24 ore perde la vita operaio travolto da ruspa



CATANIA - Stava lavorando all'interno del cantiere per la darsena nel porto di Catania. Una distrazione di pochi secondi e si è consumata la tragedia. E' accaduto intorno alle sedici, un operaio di 34 anni, Riccardo B., originario di Udine, è morto dopo essere stato travolto da un escavatore manovrato da un collega che non si è accorto della sua presenza. Il mezzo stava effettuando una retromarcia e ha investito l'operaio, che è morto sul colpo.

Ancora una morte bianca che si somma al triste elenco a poco più di 24 ore dalla tragedia che ha visto morire proprio ieri a Granieri, frazione di Caltagirone, l'operaio indiano, Felix Pereira di 53 anni, precipitato dall'altezza di oltre tre metri, e tre giorni fa a Gela Francesco Romano schiacciato da un tubo di otto tonnellate all'interno del petrolchimico.

Sul posto sono intervenute le volanti della polizia, insieme con la finanza e i carabinieri. L'autorità giudiziaria sta indagando per accertare l'esatta dinamica dell'incidente ed ogni eventuale responsabilità da parte dell'impresa che opera all'interno del cantiere.

 


(01dicembre 2012)
la Repubblica




sabato 1 dicembre 2012

Palermo: amianto all'ex Sailem, operai ammalati

La storia. Giovanbattista D’Agostino, proprietario dell’impresa con il
fratello Benny, non avrebbe garantito la sicurezza

Lo spettro amianto sull’ex Sailem
Operaio si ammala, a giudizio il titolare

Secondo gli inquirenti, l’operaio che oggi ha 81 anni si è ammalato
per avere respirato fibre d’amianto senza alcuna precauzione. Il primo
caso di una lista che potrebbe allungarsi.

Dal 1968 al 1992 ha lavorato come fiammista e tubista in quella che
una volta era la più grande impresa siciliana di lavori marittimi, la
Sailem. E, per anni, G.Z., queste le iniziali dell’operaio che oggi ha
81 anni, avrebbe respirato polveri di amianto che, nel tempo, l’hanno
portato ad ammalarsi gravemente. Per il pm Geri Ferrara, che ha
coordinato l’inchiesta, responsabile delle lesioni colpose gravissime
è uno dei titolari dell’azienda (fallita da tempo), Giovanbattista
D’Agostino, che sarà processato dopo un decreto di citazione diretta a
giudizio: non avrebbe adottato le misure di sicurezza adeguate per
tutelare la salute del dipendente. Niente mascherine, dice la Procura,
neppure i locali per bagnare le tute in modo da eliminare le polveri
di amianto.
È il primo caso, segnalato alla magistratura dall’Inail, di operaio ex
Sailem che avrebbe contratto patologie sul luogo di lavoro. E si teme
che la lista possa allungarsi, come è già accaduto con la Fincantieri.
Le malattie provocate dall’inalazione di fibre di amianto, come i
tumori ai polmoni e la pleura, ma anche il mesotelioma e l’asbestosi,
hanno infatti lunghissimi periodi di latenza e si manifestano anche
dopo venticinque anni. L’amianto è stato bandito dal nostro Paese solo
nel 1993, ma per decenni in precedenza p stato molto usato,
soprattutto misto al cemento (il così detto “Eternit”), per la sua
estrema resistenza.
Se, come sostiene la Procura, G.Z., si fosse effettivamente ammalato
per aver respirato le fibre di amianto alla Sailem per inquirenti, è
molto probabile che non si tratti di un caso isolato.
Gli ex titolari della Sailem (Società anonima italiana lavorazioni
edili e marittime), Giovanbattista e il fratello Benedetto D’Agostino,
sono già noti alle cronache per altre vicende: i presunti affari della
loro azienda con Cos nostra. Nel 1997 “Benny” venne arrestato mentre
stava per scappare in Malesia con tutta la famiglia, nell’ambito
dell’inchiesta “Mafia e appalti”. Le accuse di mafia nei suoi
confronti hanno avuto un iter giudiziario complesso: gli sono state
riconosciute anche le speciali attenuanti per i pentiti, in virtù
della sua collaborazione nel processo contro Giulio Andreotti.
Entrambi i fratelli sono stati di recente condannati in primo grado
proprio per il crac della Sailem.

GdS
1 dic. 12

Catania: muore sul lavoro un operaio indiano

Infortuni: operaio indiano muore in una fabbrica di manufatti nel catanese
Catania, 30 nov. (Adnkronos)- A Caltagirone, in provincia di Catania,
un operaio indiano di 53 anni e' morto in un incidente sul lavoro in
una fabbrica di manufatti di Granieri. Si ipotizza che l'uomo sarebbe
stato folgorato e poi precipitato da un altezza di oltre 3 metri. La
Procura calatina, intanto, ha aperto un'inchiesta.
(30 novembre 2012 ore 20.32)

giovedì 29 novembre 2012

Ancora prescrizione per i morti sul lavoro!

Palermo. Corte d’appello. I titolari dell’azienda erano stati assolti in primo grado

Operaio morto sul lavoro
Accuse prescritte per la ditta

Morì in un incidente sul lavoro: in primo grado i responsabili della ditta in cui era impiegato, la Mediterranea Costruzioni, sono stati assolti. Per i giudici a causare il decesso sarebbe stata la stessa vittima, Antonino Culotta, che avrebbe avuto un comportamento imprudente.
Oggi la sentenza della Corte d’Appello che ribalta il verdetto, ma dichiara la prescrizione del reato. Una decisione che, però, apre la strada agli eredi dell’operaio, difesi dall’avvocato Salvino Pantuso, e dall’Inail, assistita dall’’avvocato Salvatore Cacioppo, al risarcimento del danno.
I fatti sono del 21003: Culotta stava cercando di rimuovere un palo in piazza San Lorenzo con l’aiuto di un collega alla guida di un escavatore. Il palo gli cadde sulla testa – l'operaio non aveva il casco protettivo- fracassandogli il cranio.
Sotto processo per omicidio colposo finirono il legale rappresentante della ditta Settimo Montestanto, Pietro Tomasello, alla guida del mezzo, e il direttore del cantiere Giuseppe Storniolo. Per il giudice monocratico non avrebbero avuto alcuna responsabilità nella morte di Culotta. Diversa la valutazione dei giudici d’appello che, però, hanno dovuto prednere atto della prescrizione del reato.

Giornale di Sicilia
29 novembre 2012

Gela, muore operaio schiacciato da un tubo


Incidente sul lavoro a Gela
operaio muore schiacciato da tubo

Francesco Romano, trent'anni, è stato investito dalla tubazione che si è sganciata all'improvviso da una gru probabilmente per il forte vento

di LORENA SCIME'

Gravissimo incidente sul lavoro a Gela, un operaio è morto mentre svolgeva dei lavori di montaggio presso la radice pontile. La vittima si chiama Francesco Romano, 30 anni. L'uomo avrebbe perso la vita durante delle operazioni di montaggio per la sostituzione di una linea al pontile, nell'area della raffineria, per conto di un'impresa. Non sono ancora chiari i fatti e la dinamica è da ricostruire. Da una prima analisi dell'accaduto, pare che il giovane stesse portando avanti l'attività di manovra di un tubo attraverso una imbracatura per effettuare poi la saldatura ma qualcosa è andato storto, Romano sarebbe stato investito della grande e pesante tubatura sganciatasi inaspettatamente da una gru, probabilmente a causa del forte vento che ha investito la città. 

Sono stati momenti di terrore per tutti i colleghi di lavoro che erano con lui. Immediati i soccorsi, ma per l'uomo non c'è stato nulla da fare. Sul posto si trovano i carabinieri del reparto di Gela e gli agenti del commissariato di polizia. L'area di cantiere è stata posta sotto sequestro dalla magistratura. "Siamo senza parole, dinanzi ad una  tragedia così immane non si può far altro che esprimere sofferenza e dispiacere. La Cosmisud stava svolgendo dei lavori al pontile da qualche tempo  -  ha detto Silvio Ruggeri della segreteria della Uilcem  -   non sappiamo cosa sia accaduto, ma tutti insieme all'impresa cercheremo di capire." Intanto, domani, tutte le sigle sindacali si riuniranno in un direttivo 
convocato d'urgenza.
(28 novembre 2012)

palermo.repubblica.it

Morto ex operaio Sacelit, è la 109sima vittima dell'amianto nel Messinese


IL CORDOGLIO DEL NEO ASSESSORE REGIONALE ALL'AMBIENTE


28 novembre 2012 - È morto un altro ex operaio della Sacelit, l’azienda di San Filippo del Mela, nel Messinese, che produceva amianto. A renderlo noto l’ex dipendente della ditta Salvatore Nania, presidente del comitato ‘Ex esposti amianto e ambiente‘.
“Dopo mesi di sofferenze – ha riferito Nania - Santo Andaloro, 80 anni, anche lui colpito da malattie che riguardano l’esposizione all’amianto, è morto. Si tratta della centonovesima persona deceduta tra gli operai e i loro familiari, a causa dell’asbestosi provocata dalle fibre killer”.
Il neo assessore all’Ambiente, Mariella Lo Bello, dopo avere appreso la notizia della morte dell’ex operaio ha voluto esprimere il suo cordoglio. “Sono rimasta profondamente rattristata da questa ennesima morte di un lavoratore a causa dell’esposizione all’amianto nel distretto del Mela. La vita delle persone per troppo tempo è stata trattata come fosse una merce“.

“La tutela della vita e dell’ambiente e la difesa del lavoro – ha aggiunto l’assessore – devono essere salvaguardate, e sono queste le priorità che mi sono posta per questo incarico. Non vogliamo che vi siano dei casi Ilva in Sicilia. Rafforzeremo i controlli e accelereremo le operazioni di bonifica – ha concluso l’assessore – perché la sicurezza dei lavoratori e degli abitanti di quel comprensorio va salvaguardata”.


http://messina.blogsicilia.it/morto-ex-operaio-sacelit-109sima-vittima-dellamianto-a-san-filippo-del-mela/111718/

giovedì 15 novembre 2012

Gela, operai ammalati e morti per inquinamento, 17 indagati all'Eni



L'inchiesta della Procura coinvolge tecnici e dirigenti del reparto Clorosoda, dove si sarebbero ammalati decine di dipendenti, alcuni dei quali poi deceduti
14/11/2012
GELA (CALTANISSETTA) - Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Gela, Lucia Lotti, ha sottoposto a indagini 17 persone, tra tecnici e dirigenti del reparto Clorosoda, l'impianto dell'Eni per la produzione di ipoclorito, soda caustica e dicoloroetano, sostanze che avrebbe fatto ammalare decine di dipendenti, alcuni poi morti.

A vario titolo sono indagati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi, secondo responsabilità legate alle posizioni di garanzia occupate nelle diverse società (Anic, Enichem, Praoil, Syndial, ecc), alle quali ha fatto capo l'impianto Clorosoda. Il pubblico ministero ha chiesto al gip di poter acquisire sin d'ora la testimonianza, attraverso incidente probatorio (cioè prova definitiva da portare a dibattimento), di uno dei 105 operatori di questo reparto, ormai in condizioni di malato terminale perchè affetto da "patologie assai gravi, tali da porlo in condizione di precarietà e pericolo di vita".

Si cerca di appurare il nesso di causalità tra le malattie che lo hanno colpito e la sua attività di lavoratore a contatto con gli inquinanti in quell'impianto chimico dell'Eni. Analogo provvedimento, in incidente probatorio, è stato richiesto allo stesso gip al fine di acquisire le perizie medico-legali di 12 lavoratori del Clorosoda, già deceduti negli anni passati, per i quali, non si esclude l'esumazione dei cadaveri e l'autopsia.

La procura comunica con una nota di avere "acquisito una vasta mole di dati e documenti identificate le diverse patologie, spesso ricorrenti, riportate da tanti lavoratori e vagliata accuratamente la riconducibilità di tali malattie al contatto con le sostanze chimiche presenti nell'impianto ed alle modalità con cui queste venivano trattate nell'ambiente di lavoro".

"Per avere una prima ricostruzione del quadro specifico delle patologie e del nesso causale - prosegue il comunicato della procura - è stata quindi disposta ed acquisita una consulenza tecnica medico-legale che ha messo a fuoco, attraverso l'esame del materiale documentale raccolto, le posizioni dei lavoratori affetti da patologie o deceduti e i profili di possibile riconducibilità alle lavorazioni dell'impianto clorosoda>>.

da
siciliaweb

martedì 13 novembre 2012

La battaglia per la salute al Policlinico di Palermo continua e ha i primi effetti




Policlinico di Palermo
Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro”

Importante esito
della denuncia dello SLAI Cobas per il sindacato di classe effettuata in ottobre, contro le condizioni da quarto mondo in cui sono costretti a lavorare
parecchi dipendenti del Policlinico

Trasferiti i primi 4 lavoratori dalla “baraccopoli”

Dopo i celeri controlli effettuati dal Servizio Interno di Prevenzione e Protezione del Policlinico, la scorsa settimana, i primi quattro lavoratori che per ben 5 anni hanno vissuto da terremotati, stipati, tra l’altro, come cani all’interno di minuscoli container, di loculi adibiti ad uffici, magazzini, spogliatoi, bagni, il tutto condito da una bella grande fogna posizionata proprio davanti alle porte, sono stati trasferiti presso gli uffici dell’Area Facility Management.
Grazie alla mancata applicazione delle leggi in materia di salute e sicurezza, per lungo tempo questi dipendenti sono stati esposti a seri rischi per la salute, tanto da avere contratto diverse patologie, ma amministrazione, sindacati collaborazionisti, Medico Competente, tutti erano “ciechi”.
Adesso le cose cominciano a cambiare, anche perché abbiamo saputo che è intervenuta anche la S.PRE.S.A.L. , a cui lo Slai Cobas aveva fatto appello. Ora tocca al resto dei lavoratori delle “baracche” poter avere, finalmente, una sistemazione dignitosa. Intanto si aspetta l’esito dei controlli sugli altri luoghi di lavoro segnalati.
Si tratta sicuramente di una vittoria, che nessuno si aspettava, men che meno i lavoratori interessati, dopo che per anni avevano chiesto, invano, aiuto alle organizzazioni sindacali a cui aderiscono o aderivano, e al medico competente, che puntualmente allargava loro le mani, come per dire, di averle legate.
Vittoria che ha incoraggiato altre lavoratrici e lavoratori, che hanno cominciato a rompere il silenzio sulle proprie precarie e rischiose condizioni di lavoro, ma anche sulle mansioni pesanti e faticose a cui sono adibiti, malgrado affetti da patologie fortemente incompatibili, che ne peggiorano lo stato di salute.
A proposito di quanto sopra, da una recente inchiesta dell’Inail emerge che la mancata sicurezza sul lavoro costa 50 miliardi di euro all’anno, per infortuni e malattie professionali delle quali vi è una generale sottovalutazione, così come del “rischio stress lavoro-correlato”.
La cosa altrettanto grave è che il governo moderno fascista di Monti, malgrado ciò, in nome dei profitti dei padroni e delle aziende, di recente ha modificato in peggio le norme di tutela sul lavoro (Dlgs. N. 5/2012 sulla Semplificazione), a partire dalle fabbriche e dai cantieri. Peggioramento normativo che sicuramente ben presto toccherà tutti gli altri luoghi di lavoro, così come è accaduto con la legge sulle pensioni, con la legge Brunetta sul pubblico impiego ecc..
In tal senso, il Policlinico di Palermo ha già precorso i tempi, essendo uno dei più vergognosi esempi nell’ambito della sanità, in cui salute e sicurezza sono considerati essenzialmente un optional, grazie anche alla complicità dei “sindacati amici” dell’azienda nonché del medico competente, che finge di non vedere.


Contro la politica del risparmio di governi, padroni, amministrazioni
sulla salute e sulla pelle dei lavoratori,
è necessaria una forte denuncia, opposizione e mobilitazione
di tutti gli operai e i lavoratori, in ogni luogo di lavoro e in ogni città!


SLAI Cobas per il sindacato di classe –Policlinico Pa, 10.11.2012

sabato 10 novembre 2012

Allarme diossina in quattro comuni la Regione vieta latte e formaggi


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/11/09/news/allarme_diossina_in_quattro_comuni_la_regione_vieta_latte_e_formaggi-46277028/

Il provvedimento varato dopo l'incendio di questa estate a Bellolampo: Borgetto, Carini, Giardinello e Montelepre i comuni interessati. Vietato l'uso e consumo di latte e prodotti caseari provenienti dalle aziende dei comuni della zona di protezione, la raccolta di funghi e lumache, il pascolo di animali, il consumo in proprio e la cessione a terzi di carni e uova e lo spostamento degli animali da allevamento


Allarme diossina in quattro comuni la Regione vieta latte e formaggi
La discarica di Bellolampo in fiamme




La Regione rafforza le misure di prevenzione da rischio diossina dopo l'incendio del 29 luglio scorso nella discarica di Bellolampo. Lo stabilisce un decreto del dirigente generale del dipartimento regionale attività sanitarie Lucia Borsellino pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana. Il decreto definisce i comuni di Borgetto, Carini, Giardinello e Montelepre, nel Palermitano, "zona di protezione da sospetta contaminazione da diossine e policlorobifenili" e vieta l'uso e consumo di latte e prodotti caseari provenienti dalle aziende dei comuni della zona di protezione, la raccolta di funghi e lumache, il pascolo di animali

Vietato anche il consumo in proprio e la cessione a terzi di carni e uova prodotti dopo il 29 luglio in allevamenti da cortile rurali a conduzione familiare e lo spostamento di animali (bovini, ovini, caprini, maiali, cavalli, anatre, oche, tacchini, eccetera) allevati per la produzione di alimenti destinati al consumo umano, l'uso e la vendita di foraggi, contaminati e di quelli esposti a contaminazione da diossina. I sindaci dei comuni di Borgetto, Capaci, Carini, Giardinello, Montelepre, Palermo e Torretta e l'Azienda sanitaria provinciale di Palermo sono incaricati di dare immediata esecuzione al provvedimento.
GUARDA / La discarica in fiamme

"Bene il provvedimento della Regione a tutela dell'incolumità pubblica, ma è opportuno anche un provvedimento a sostegno delle aziende e delle attività economiche che verranno penalizzate dal blocco della produzione e della vendita dei prodotti" dice il deputato regionale del Pdl Salvino Caputo. Per Caputo "si tratta di un provvedimento a tutela ma è chiaro che la Regione adesso deve prevedere anche un piano di interventi a sostegno delle imprese e delle aziende colpite dal blocco. Dobbiamo evitare che tutto questo possa determinare conseguenze negative per la produzione e per il commercio". Molti produttori sono pronti ad avviare azioni di risarcimento, cui l'assessorato regionale Agricoltura farà fronte con somme già stanziate in appositi capitoli.

(09 novembre 2012)




mercoledì 7 novembre 2012

Morti per amianto alla Fincantieri, condanne e prescrizione per i responsabili


La sentenza. Per la Corte d’Appello, su otto decessi, risalenti a un periodo precedente al 1997, è scattata la prescrizione

Le morti per l’amianto al Cantiere
Pena ridotta a tre ex dirigenti
Condanne più lievi per Luciano Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonino Cipponeri

Tra le vittime c’è anche Calogera Gulino che le fibre di amianto le ha respirate non all’interno della Fincantieri, ma semplicemente lavando le tute del marito, Angelo Norfo, operaio ai Cantieri navali e deceduto anche lui per un mesotelioma. A loro si aggiungono altre 41 persone (di cui 6 stroncate definitivamente dalla malattia tra il primo e il secondo grado di giudizio), nonché altre 19, in vita, ma soffocate dall’asbestosi.

Ieri, la quarta sezione della Corte d’Appello ha però ridotto le pene inflitte per i 43 omicidi colposi ed i 19 casi di lesioni grandissime a tre ex dirigenti della Fincantieri, Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonino Cipponeri, che non avrebbero adottato misure idonee per tutelare la salute dei dipendenti. Otto morti, risalenti ad un periodo precedente al 1997, sono infatti ormai da considerarsi prescritte. La pena (sospesa) di Lemetti è così passata da 7 anni e mezzo a 4 anni e 2 mesi, quella di Cortesi da 6 a 3 e mezzo e quella di Cipponeri da 3 a 2 anni e 8 mesi. Restano fermi però i risarcimenti di decine di migliaia di euro già concessi agli operai e ai loro famigliari dal giudice Gianfranco Criscione con la prima storica sentenza Fincantieri a Palermo, del 26 aprile 2010.

Gli avvocati di parte civile (si erano costituite anche la Fiom, Inail, Legambiente), Fabio Lanfranca, Salvatore Cacioppo, Paolo Palma, Ermanno Zancla e Giuseppe Sciascia sono soddisfatti soprattutto perché è passata la linea secondo la quale, trattandosi di omicidi colposi plurimi, la prescrizione debba essere di 15 anni e non di 10.

I giudici hanno confermato la prescrizione, senza entrare nel merito, per altri due imputati che avevano appellato la sentenza di primo grado, salvatore Grignano, titolare della “Blastcoat”, e Giuseppe Scrima a capo della coop “Rinascita Picchettini”, due aziende dell'indotto Fincantieri.

Altri quattro filoni dell’inchiesta sull’amianto alla Fincantieri stanno facendo il loro percorso giudiziario. Quello che si è concluso ieri in appello era il primo arrivato a dibattimento ed incentrato su casi di lesioni e di morti avvenute tra il 1995 ed il 2000. L’indagine della Procura era partita nel 1999, quando iniziarono ad arrivare le prime segnalazioni di operai dei Cantieri navali morti o che si erano ammalati dopo essere stati a contatto con le volatili fibre di amianto (bandito in Italia dal 1992) o con materiali che le contenevano. Soprattutto durante la riparazione dei motori delle navi, dove il minerale veniva usato come isolante nelle paratie. In poco tempo le segnalazioni diventano duecento. Diversi casi al vaglio del pm Emanuele Ravaglioli, per il lungo tempo trascorso, nascono già prescritti e verranno subito archiviati.

La maggior parte degli operai colpiti da mesotelioma, da tumori alla pleura e da asbestosi sono stati assunti negli anni ruggenti della Fincantieri, tra i ’50 e i ’60 e non appartengono a nessun reparto specifico: le fibre di amianto soni così volatili da poter essere inalate ovine. Persino a casa, lavando le tute.

Gds 7/11/12

martedì 23 ottobre 2012

Salute e sicurezza al Policlinico di Palermo


Policlinico di Palermo

“Salute e Sicurezza”
Dopo mesi e mesi di denunce, invano, all’amministrazione aziendale
sulle gravi e precarie condizioni in cui sono costretti a lavorare
da anni parecchi dipendenti del Policlinico
la scorsa settimana lo SLAI Cobas ha deciso di denunciare allo S.PRE.S.A.L.
e al Medico Competente la sistematica violazione, da parte dell’azienda, della L.81/08  e dell’A.Q. Europeo dell’8.10.2004 “Rischio Stress Lavoro-correlato”

Dal 17 ottobre gli Organi aziendali preposti stanno verificando le condizioni ambientali e la sicurezza dei luoghi di lavoro indicati.

Ovviamente, si tratta di un fatto e di un passo davvero importanti per i lavoratori del Policlinico. Finalmente  salute, sicurezza e dignità cominciano ad essere presi in considerazione.

Da tempo lo SLAI Cobas denuncia all’azienda e finanche al prefetto le condizioni da quarto modo in cui sono costretti a lavorare per ben 6/9 ore al giorno parecchi dipendenti.   A cominciare da quelli che da 5 anni vengono letteralmente stipati, come cani, in veri e propri loculi,  nella cosiddetta “baraccopoli del Policlinico”, ovvero nei  4 container di appena 4 mq. cadauno, piazzati in prossimità della direzione generale/sanitaria,  in cui sono allocati 2 dipendenti per baracca, che si occupano dei servizi di: raccolta spazzatura e rifiuti speciali, giardinaggio, distribuzione materiale di cancelleria, ritiro e consegna referti.
Questi lavoratori, a causa della inidoneità ed insalubrità dei luoghi di lavoro (temperature torride in estate e gelate in inverno), oltre ad essere fortemente stressati, hanno anche sviluppato patologie a carico dell’apparato muscolo- scheletrico, quali l’artrosi, la cefalea ecc.. .
Purtroppo non si tratta degli unici dipendenti  vittime della mancanza di sicurezza, infatti ad essi si aggiungono quelli dei tanti uffici, tra cui  protocollo e accettazione, i cui spazi sono ridottissimi( 3/6 lavoratori in 5/10 mq) malgrado per legge le superfici non possono misurare meno di 12 /20 mq. per ogni singolo addetto, come prevede anche la Spending Review.
La cosa altrettanto grave è che anche parecchi dei locali adibiti a DH e ad infermeria sono piccolissimi, fortemente inadeguati, inidonei dal punto di vista della salute e sicurezza di operatori e ammalati.
Tutto ciò denota senza alcun dubbio, il menefreghismo e il disprezzo della vita e della dignità professionale dei dipendenti, da parte dei vertici dell’amministrazione, intenti, mentre il Policlinico continua a sprofondare, sotto ogni aspetto,  a dare incarichi esterni a go go e a fare campagna elettorale ai loro politici di riferimento, invitando “sindacati amici” e lavoratori, alle famose cene elettorali.
Ma quello dello SLAI Cobas è stato solo un primo esposto; infatti sta continuando a  raccogliere tutte le altre segnalazioni da parte dei dipendenti. Inoltre chiamerà tutti i lavoratori interessati alla mobilitazione qualora si renderà necessaria. Provassero i dirigenti aziendali a vivere come dei TERREMOTATI!

I LAVORATORI NON SONO BESTIE!  

LA SALUTE E LA SICUREZZA SUL LAVORO NON POSSONO ESSERE
CONSIDERATE UN OPTIONAL

SONO DIRITTI INVIOLABILI SANCITI DALLO STATUTO DEI LAVORATORI,
DALLE NORMATIVE VIGENTI, DA ACCORDI QUADRO EUROPEI E ANCHE  DALLA COSTITUZIONE, E VANNO DIFESI AD OGNI COSTO, NE VA DELLA STESSA VITA
 E DELLA DIGNITA’ DEI LAVORATORI

domenica 21 ottobre 2012

comunicato riunione rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro

testo finale


Si è riunita il 6 ottobre, a Roma, nella sede dell'Unicobas gentilmente concessa, la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro; presenti il Comitato 5 aprile di Roma e operai e lavoratori responsabili dei nodi della Rete di Milano, Bergamo, Ravenna, Taranto, Marghera-Venezia, da Palermo è giunto un intervento, ha dato il suo sostegno alla riunione 'Legami d'acciaio' di Torino THYSSENKRUPP, è intervenuto l'Avvocato Bonetto che ha curato i processi di Torino Thyssen krupp - Eternit.
Presenti come aderenti alla Rete e alla sua attività Slai cobas per il sindacato di classe, USI, Snater e rappresentanti dell'Unicobas.
La riunione è stata aperta dai compagni di Taranto che hanno fatto una relazione sulla questione Ilva che era al centro dell'odg. La relazione - che sarà contenuta in un più ampio resoconto - è partita dal rivendicare alla Rete nazionale con la riuscita manifestazione nazionale tenutasi a Taranto il 18 aprile 2009 la lotta per salute e sicurezza all'Ilva e sul
territorio contro le morti da lavoro e da inquinamento, che aprì la battaglia che oggi si conduce e rese la questione Ilva questione nazionale;
per arrivare alla proposta che questa battaglia vada ripresa come la Rete l'ha portata avanti contro padron Riva, governo, istituzioni, unendo operai dell'Ilva che giustamente difendono il lavoro e la sicurezza in fabbrica e
popolazione, in particolare del quartiere Tamburi, che dicono con chiarezza "basta morti e basta inquinamento per i profitti del padrone".
Sulla questione sono intervenuti tutti i diversi compagni della Rete, approfondendola, sulla linea che lavoro e salute sono battaglie congiunte di operai e masse popolari, in fabbrica e sul territorio.
La Rete ha deciso di organizzare un convegno nazionale a Taranto che definisca anche tramite dibattito, analisi, confronto, tra tutti i partecipanti la piattaforma e data di una manifestazione nazionale a Taranto nel fuoco della lotta in corso a Taranto e in stretto rapporto con gli operai Ilva-indotto e le realtà territoriali in lotta. Il convegno promosso
dalla Rete sarà aperto a tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che vogliano contribuirvi, a Taranto come a livello nazionale.
Il Convegno si terrà ai primi di dicembre e entro il 27 ottobre sarà tenuta una riunione organizzativa per definire la data precisa con appello e manifesto di convocazione.
L'Avvocato Bonetto ha portato l'esperienza di come si è costruita la partecipazione operaia ai processi di Torino, per proporre la realizzazione di un modello simile ai processi Ilva per operai e popolazioni.

Il secondo punto all'ordine del giorno ha recepito il documento preparato dai compagni del comitato 5 aprile e ha espresso adesione alla campagna in corso contro le nuove modifiche peggiorative (Bozza Decreto sulla
semplificazione) del D.Lgs 81/2008 sulle disposizioni di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, che ne vogliono ulteriormente snaturare la funzione e finalità.

Altri compagne e compagni sono intervenuti sulle condizioni di insicurezza in altre realtà lavorative, in particolare nella scuola dove studenti e insegnanti rischiano anche la vita per lo stato di pericolosità delle scuole, frutto diretto delle politiche e dei tagli dei governi.

La Rete con questa riunione si assume le sue responsabilità di ridare a tutti uno strumento nazionale di elaborazione e lotta, a partire - come è già stato per Testo Unico, Thissenkrupp, Ilva, strage di Molfetta, rapporto precarietà/morti sul lavoro, ecc. - dalla questione più calda oggi: l'Ilva di Taranto, dimostrando sul campo, con il convegno nazionale e la
manifestazione nazionale, l'indispensabile necessità di questo strumento.

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO
bastamortisullavoro@gmail.com


Roma 6 ottobre 2012

mercoledì 17 ottobre 2012


Un'auto si schianta sul ponteggio
due morti e cinque feriti a Catania

Tamponamento e carambola fra sei vetture nei pressi del cimitero. L'impalcatura ha ceduto, un operaio e il proprietario della casa sono precipitati sull'asfalto. In ospedale anche una donna incinta: salvo il bimbo 

Due persone, Agatino Viglianesi, di 45 anni, e Giuseppe Bonaccorso, di 70, sono morte e almeno cinque, compresa una donna incinta che per fortuna non ha perso il bambino, sono rimaste ferite per l'impatto di un furgone contro un ponteggio di un edificio in via di ristrutturazione nella zona del cimitero di Catania. Le due vittime, sbalzate dall'impalcatura, sono un operaio e il proprietario della casa. Nessuno dei feriti appare in pericolo di vita.

Il guidatore del furgone, un uomo di 38 anni, è tra i feriti ed è ricoverato all'ospedale Vittorio Emanuele, dove è sottoposto a diversi accertamenti, compresa la verifica del tasso di alcool o di eventuali sostanze vietate nel sangue. La sua posizione è al vaglio della magistratura.

Secondo una prima ricostruzione, l'uomo, alla guida di un furgone Fiorino, sarebbe passato a velocità sostenuta davanti al cimitero, investendo un'auto e ferendo il suo conducente. Invece di fermarsi, avrebbe continuato la sua corsa travolgendo altri cinque automezzi e abbattendosi, infine, sul ponteggio.

I feriti sono ricoverati in diversi ospedali di Catania, la donna incinta al Santo Bambino. La zona dell'incidente è stata recintata. L'impalcatura, che è pericolante, sta per essere rimossa.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/10/17/news/catania_auto_contro_il_ponteggio_due_operai_cadono_e_muoiono-44716368/

lunedì 15 ottobre 2012

Contributo alla riunione nazionale del 6 ottobre


Secondo i dati ufficiali dell'Inail che come sappiamo non sono mai completamente veri in Sicilia il numero degli infortuni mortali sul lavoro sarebbe diminuito del 40% passando dagli 87 del 2009, ai 56 del 2011.
A parte il fatto che 56 morti sul lavoro non possono essere motivo di soddisfazione, come fanno ogni volta coloro che compilano statistiche, gli ultimi incidenti mortali in Sicilia ci ricordano che anche nel 2012 si continua a morire sul lavoro e come ci ricorda giustamente Soricelli dell'Osservatorio di Bologna: “In Sicilia nel 2011 rispetto al 2010 non c’è stato nessun calo dei morti SUI LUOGHI di lavoro: erano 42 nel 2010 e sono stati 42 nel 2011. Sono 31 dall’inizio dell’anno nel 2012. Il numero inferiore segnalato dall’Osservatorio non deve trarre in inganno: se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere che sono considerati giustamente come morti sul lavoro dalle statistiche ufficiali si arriva tranquillamente a raddoppiare le vittime che segnaliamo.”

A questa situazione comunque va aggiunta un'altra considerazione: se i numeri sono quelli dell'Osservatorio i morti sul lavoro in percentuale sono perfino aumentati dato che nell’isola a causa della crisi si è assottigliato il numero dei cantieri delle opere pubbliche come della ristrutturazione o della nuova costruzione di edifici privati e a decine hanno chiuso gli stabilimenti industriali. Se non c’è lavoro non si muore di incidenti sul lavoro.
La Fincantieri di Palermo ne è un esempio: se gli incidenti sono diminuiti (ma questo è tutto da appurare dato che su questo all'interno vige la consegna del silenzio! Soprattutto per i tanti operai dell'indotto quasi per niente tutelati) è dovuto al fatto che quasi tutti gli operai sono in cassa integrazione da almeno un anno.

In queste classifiche poi non si tiene conto del lavoro nero soprattutto nell'agricoltura e nell'edilizia e anche nel piccolo artigianato che impiega anche tantissimi immigrati.

La Regione Sicilia si vanta dei “risultati” raggiunti attraverso il “Piano straordinario per la tutela della salute e la sicurezza 2010-2012” che nella sostanza si è risolto in milioni ufficialmente spesi (non conosciamo veramente che fine fanno tutti questi soldi) per l'informazione e la “formazione” invece che nella prevenzione vera.
Di questa stessa pasta sono fatti i vari Osservatori e Tavoli tecnici tra Regione e sindacati confederali che tra i punti hanno quello di “promuovere il sostegno alle imprese per la tutela della sicurezza sul lavoro” e “predisporre l’incentivazione dei contratti di apprendistato(!). Due punti nella sostanza contro la sicurezza sul lavoro.

L'utilizzo mai contrastato delle pratiche degli appalti ancora al massimo ribasso sono un costante ricatto nei confronti dei lavoratori e contribuiscono ad accrescere i problemi della sicurezza.

Se la fabbrica, rispetto alla battaglia sulla sicurezza è e resta il cuore del problema, ci sono altri ambiti dei quali non solo si parla meno ma rispetto ai quali non si fa assolutamente niente, come le malattie professionali cui si lega lo stress (per noi ne è un esempio il Policlinico di Palermo dove stiamo seguendo diversi casi che riguardano in particolare lavoratrici ).
Per non parlare delle strutture come gli stessi luoghi di lavoro, le scuole o i centri storici cadenti.

Il “caso Ilva” ha risvegliato anche in Sicilia l'allarme per l'inquinamento ambientale causato principalmente dalle raffinerie di Milazzo (e la magistratura ha aperto adesso un'inchiesta!) e quelle di Priolo-Gela. E quindi ha risvegliato un interesse più generalizzato dell'opinione pubblica siciliana che dobbiamo saper utilizzare per riportare all'ordine del giorno la questione salute e sicurezza nei termini in cui la Rete se ne occupa dalla sua fondazione.

Sull'Ilva, quindi, abbiamo fatto interventi alla Fincantieri e tra i nostri lavoratori dei vari cobas per far conoscere la lotta che la Rete da anni ha iniziato a fare e cosa attualmente fa lo Slai cobas per il sindacato di classe, dobbiamo controinformare e sensibilizzare spiegando la difficoltà della giusta posizione da tenere contro governo e padroni e nella falsa contrapposizione tra “ambiente” e lavoro” perché anche a Palermo il Cobas Confederazione ha diffuso posizioni sbagliate.

L'impegno di un'iniziativa nazionale, sia del convegno che della manifestazione, serve sicuramente a mobilitare su un piano più ampio i lavoratori, che in questo devono essere i primi militanti perché direttamente coinvolti.

venerdì 12 ottobre 2012


Operaio cade da impalcatura
morto sul lavoro a Caltanissetta

L'uomo, Giuseppe La Delfa, operaio di 53 anni, sposato e padre di due figli, stava lavorando con altri colleghi al quarto piano di un edificio, dove erano in corso opere di ristrutturazione

Un incidente mortale sul lavoro è accaduto, poco dopo le 15,30, a Caltanissetta, in un cantiere edile in via S. Giuliano: la vittima è Giuseppe La Delfa, operaio di 53 anni, sposato e padre di due figli. Abitava nel quartiere "Stazzone". Ancora incerta la dinamica.

L'uomo stava lavorando con altri colleghi al quarto piano di un edificio, dove erano in corso opere di ristrutturazione, quando, per cause in corso di accertamento, è precipitato dall'impalcatura compiendo un volo di una quindicina di metri.

Giuseppe La Delfa ha riportato lesioni gravissime e, in fin di vita, è stato soccorso e trasportato nell'ospedale Sant'Elia dove però è morto poco dopo il suo arrivo. Il cantiere è stato sequestrato dalle forze dell'ordine. Due le inchieste aperte sull'incidente: una della magistratura, l'altra dell'ispettorato del lavoro.

lunedì 8 ottobre 2012

Comunicato ufficioso riunione Rete nazionale del 6 ottobre a Roma


verso un convegno nazionale a Taranto
info dalla rete nazionale sulla sicurezza sui posti di lavoro
comunicato rete ufficioso in attesa di comunicato finale

Si è riunita il 6 ottobre, a Roma, nella sede dell'Unicobas gentilmente concessa, la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro; presenti il Comitato 5 aprile di Roma e operai e lavoratori responsabili dei nodi della Rete di Milano, Bergamo, Ravenna, Taranto, Marghera-Venezia, da Palermo è giunto un intervento, ha dato il suo sostegno alla riunione 'Legami d'acciaio' di Torino THYSSENKRUPP, è intervenuto l'Avvocato Bonetto che ha curato i processi di Torino Thyssen krupp - Eternit. Presenti come aderenti alla Rete e alla sua attività Slai cobas per il sindacato di classe, USI, Snater e rappresentanti dell'Unicobas.
La riunione è stata aperta dai compagni di Taranto che hanno fatto una relazione sulla questione Ilva che era al centro dell'odg. La relazione - che sarà contenuta in un più ampio resoconto - è partita dal rivendicare alla Rete nazionale con la riuscita manifestazione nazionale tenutasi a Taranto il 18 aprile 2009 la lotta per salute e sicurezza all'Ilva e sul territorio contro le morti da lavoro e da inquinamento, che aprì la battaglia che oggi si conduce e rese la questione Ilva questione nazionale; per arrivare alla proposta che questa battaglia vada ripresa come la Rete l'ha portata avanti contro padron Riva, governo, istituzioni, unendo operai dell'Ilva che giustamente difendono il lavoro e la sicurezza in fabbrica e popolazione, in particolare del quartiere Tamburi, che dicono con chiarezza "basta morti e basta inquinamento per i profitti del padrone".
Sulla questione sono intervenuti tutti i diversi compagni della Rete, approfondendola, sulla linea che lavoro e salute sono battaglie congiunte di operai e masse popolari, in fabbrica e sul territorio.
La Rete ha deciso di marciare verso una nuova manifestazione nazionale a Taranto preceduta da un convegno nazionale sempre a Taranto che ne definisca, tramite dibattito, analisi, confronto, la piattaforma e la data nel fuoco della lotta in corso a Taranto e in stretto rapporto con gli operai Ilva-indotto e le realtà territoriali in lotta. Il convegno promosso dalla Rete sarà aperto a tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che vogliano contribuirvi, a Taranto come a livello nazionale.
Il Convegno si terrà ai primi di dicembre e entro il 27 ottobre sarà definita la data precisa con appello e manifesto di convocazione.
L'Avvocato Bonetto ha portato l'esperienza di come si è costruita la partecipazione operaia ai processi di Torino, per proporre la realizzazione di un modello simile ai processi Ilva per operai e popolazioni.

Il secondo punto all'ordine del giorno ha recepito il documento preparato dai compagni del comitato 5 aprile e ha espresso adesione alla campagna in corso contro le nuove modifiche peggiorative (Bozza Decreto sulla semplificazione) del D.Lgs 81/2008 sulle disposizioni di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, che ne vogliono ulteriormente snaturare la funzione e finalità.

Altri compagne e compagni sono intervenuti sulle condizioni di insicurezza in altre realtà lavorative, in particolare nella scuola dove studenti e insegnanti rischiano anche la vita per lo stato di pericolosità delle scuole, frutto diretto delle politiche e dei tagli dei governi.

La Rete con questa riunione si assume le sue responsabilità di ridare a tutti uno strumento nazionale di elaborazione e lotta, a partire - come è già stato per Testo Unico, Thissenkrupp, Ilva, strage di Molfetta, rapporto precarietà/morti sul lavoro, ecc. - dalla questione più calda oggi: l'Ilva di Taranto, dimostrando sul campo, con il convegno nazionale e la manifestazione nazionale, l'indispensabile necessità di questo strumento.

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO
bastamortisullavoro@gmail.com

Roma 6 ottobre 2012