Il nodo Palermitano della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro con questo blog intende creare uno spazio libero di informazione di classe aperto a tutti coloro che ((consapevoli della continua strage di lavoratori morti sul e per il lavoro)) vogliano contribuire alla lotta -- BASTA MORTI E INFORTUNI IN NOME DEL PROFITTO T -- PADRONI ASSASSINI PAGHERETE CARO . PADRONI ASSASSINI PAGHERETE TUTTO -- per un contatto diretto 338-3342733 o 338- 7708110 oppure retesicurezzalavorosicilia@gmail.com

lunedì 6 agosto 2018

lavoro nero e ispezioni sul lavoro - tante le irregolarità e pochissime le ispezioni eseguite - da l'Espresso


L’Espresso di ieri fornisce i dati sulle ispezioni nelle aziende per il 2017 segnalando il gran numero di irregolarità e le pochissime ispezioni eseguite.
Vigilanza contratti ( controlli dei Ministero)
Aziende ispezionate 122.240
Irregolari 73. 152
Lavoratori irregolari 88.484
Lavoratori in nero 38.775
Vigilanza previdenziale ( controlli dell’INPS)
Aziende ispezionate 24.291
Irregolari 15.458
Lavoratori irregolari 114.043
Lavoratori in nero 5.328
L’articolo precisa che il problema è quello del crollo delle ispezioni perché non ha funzionato la riunificazione degli Ispettori di INPS, INAIL e Ministero del Lavoro, che è rimasto sulla carta. Gli ispettori di INPS e INAIL infatti hanno ritenuto più conveniente non passare al Ministero e sono rientrati ai loro Enti con altri incarichi.
Così tra il 2012 e il 2017 il numero delle ispezioni è crollato da 244.000 a 122.000 non superando il 2% delle aziende italiane.
Si sono così persi per strada seicento milioni  di euro solo nella lotta all’evasione dei contributi. A conti fatti, finora, è questo il risultato che salta più all’occhio dopo la costituzione della nuova Agenzia per le ispezioni sul lavoro, un altro capolavoro del Job Act.
Naturalmente il cosiddetto “Decreto Dignità” non prende in considerazione questi elementi: le cose serie, purtroppo, non fanno pubblicità, tweet, vacanze a Milano Marittima.

venerdì 3 agosto 2018

Inquinamento Raffineria Milazzo, rinvio a giudizio per direttore e azienda

E’ stata fissata al prossimo 12 ottobre davanti al Gup del Triibunale di Barcellona Pozzo di Gotto (Me) l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio a carico del direttore generale pro tempore della Raffineria di Milazzo S.c.p.a., Marco Saetti Antonino, e per la stessa Raffineria i per i reati di gettito pericoloso di cose e per disastro colposo, in relazione alle “emissioni di gas, vapori e/o di fumo. L’inchiesta è nata dopo le denunce di numerose associazioni ambientaliste, dell’ex consigliere comunale Giuseppe Marano e di alcuni comuni per le emissioni dello stabilimento della Raffineria di Milazzo e per un’eccezionale diffusione, nella popolazione dimorante nelle località e nei Comuni limitrofi allo stabilimento, di patologie dell’apparato respiratorio fino all’anno 2014. In particolare è stato contestato al dirigente di “non avere adottato, agendo nella veste su indicata, la migliore tecnologia disponibile e le più evolute modalità di esercizio dell’attività produttiva della Raffineria di Milazzo S.c.p.a. atte a garantire la tutela della salubrità dell’ambiente e della salute ed incolumità della popolazione residente nelle zone limitrofe allo stabilimento medesimo”.
http://www.messinaindiretta.it/

giovedì 2 agosto 2018

San Filippo del Mela, è la 150esima vittima dell’amianto dopo lunga malattia. Era una dipendente della Sacelit nell’area industriale


L’elenco si allunga ed inevitabilmente è destinato a crescere ancora. Purtroppo, non ci sono speranze di frenare una emorragia di decessi legata alla patologia dell’asbestosi. Stavolta la vittima è una donna di 82 anni, M. I.. era una delle 220 dipendenti della Sacelit, la nota fabbrica situata nell’area industriale di San Filippo del Mela. Con la sua scomparsa il numero dei morti sale a 150. 

La donna – che da tempo era in cura per asbestosi pleuro polmonare – ha lavorato per meno di tre anni, prima della chiusura, nel reparto di produzione di tubazioni, canne fumarie e coperchi di serbatori in eternit. L’anziana aveva già perso il marito, con la stessa malattia, anche lui dipendente della “fabbrica della morte”. All’ex dipendente della Sacelit era stata riconosciuta la malattia agli inizi del 2001.

Strana storia quella della ex Nuova Sacelit, produttrice di manufatti in cemento amianto e, dopo la chiusura e con un inedito cambio di destinazione d’uso, anche deposito di derrate alimentari.
L’industria, ben accolta dalla popolazione, ha aperto i battenti nel 1958 ad Archi, frazione di San Filippo del Mela. Per molti anni lo stabilimento ha rappresentato un sicuro bacino occupazionale. Negli anni Ottanta comincia la crisi aziendale: i primi prepensionamenti sono del 1983. La chiusura definitiva dello stabilimento avviene nel luglio del 1993, a un anno dalla legge che vieta la produzione e la commercializzazione dell’amianto in Italia.

L’area – si disse – era stata bonificata. Un breve significativo periodo che comunque fece riaprire i riflettori sull’ex stabilimento di Archi, area Asi di San Filippo del Mela. Una data fa da spartiacque. Un’ispezione ministeriale dell’8 novembre 2006 accertò la mancata bonifica con successivo intervento della Procura di Barcellona.

Gazzetta del Sud  1° agosto ’18

In merito alla morte sul lavoro di un operaio accaduta al Tribunale di Palermo: il commento di un Avvocato del Foro di Palermo

Nel pomeriggio di lunedì 23 luglio è andata in scena l’ennesima tragedia sul lavoro: a Palermo, un operaio albanese, precipitato da un altezza di oltre 6 metri, si è schiantato su un tavolo di vetro che, andato in frantumi, ha reciso l’arteria femorale dello sventurato, il quale è deceduto nel giro di pochi minuti.
Ormai le morti sul lavoro rischiano di non fare più notizia, visto che l’opinione pubblica sembra essersi assuefatta ad uno sterminio che praticamente si ripete con orrenda costanza giornaliera, consegnando alla fine di ogni anno un vero e proprio bollettino di guerra, con una media prossima ad un morto al giorno.
Stavolta, però, c’è un elemento nuovo che tiene desta l’attenzione della platea:Edmondo Fejzullai, 58 anni, ha perso la vita mentre effettuava dei lavori di manutenzione e ristrutturazione all’interno del tribunale di Palermo. Già, proprio così: l’ennesima morte bianca si è verificata nel luogo che per sua destinazione è deputato alla tutela ed all’applicazione dei diritti dei cittadini.
Le indagini sono in corso, e richiedono i dovuti e necessari tempi tecnici. Ma già emerge spettrale la classica ipotesi di reato: il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro. I lavori che all’interno del tribunale di Palermo vanno ormai avanti da parecchi mesi, non sembrano essere stati eseguiti nel pieno rispetto delle regole antinfortunistiche: ci giungono infatti testimonianze dirette di cittadini che hanno visto operai lavorare su ponteggi mobili senza caschetto di protezione o senza le dovute cinghie di ancoraggio. Lo si ribadisce: ancora non è chiara la dinamica; ma vi sono fondati sospetti che inducono a pensare che qualche manchevolezza vi sia stata, perché resta un mistero (per ora) come abbia fatto Edmondo a precipitare dal soffitto di un’aula del tribunale mentre installava una telecamera, tetto che, se nei corridoi è più o meno alto quattro metri, lì dove è avvenuta la tragedia sfiora i dieci metri!
Purtroppo, all’ipotesi classica del mancato rispetto delle norme di sicurezza, si aggiunge un’altra pista inquietante quale possibile concausa del decesso: i soccorsi non adeguati. Infatti, l’ambulanza che è giunta sul posto alle 17:41, 16 minuti dopo la chiamata di soccorso, era sfornita di medico, e, nonostante il mezzo di soccorso sia arrivato al Civico alle ore 18:02, ed il ferito sia stato sottoposto immediatamente ad un’operazione di sutura, ciò non è bastato a salvargli la vita.
L’Autorità Giudiziaria si spera possa fare luce sull’accaduto il più velocemente possibile, attribuendo a chi di competenza le eventuali responsabilità. Ma ancora una volta ci si chiede come mai non siano obbligatori la presenza di una struttura medica adeguata su posti di lavoro che per loro natura comportino rischi gravi per l’incolumità del lavoratore (magari anche solo per i siti che impieghino un certo numero di dipendenti), ed il costante monitoraggio di un ispettore del lavoro che accerti il rispetto delle normative sulla sicurezza mediante ampi poteri ispettivi e sanzionatori (mentre oggi,
paradossalmente, si assiste ad un ridimensionamento sia del numero degli accertatori che del loro raggio d’azione); misure, queste, che avrebbero certamente evitato parecchie morti bianche.
 Di contro, è ormai provato che le misure sanzionatorie (civili e penali) previste in caso di violazione delle norme antinfortunistiche sono inidonee allo scopo, in quanto, nella maggior parte dei casi, irrisorie e prive di quella forza necessaria a spingere il padrone di turno a garantire l’incolumità del proprio dipendente.

V. Catastimeni