Fermiamo le morti e gli infortuni sul lavoro!
Già dall’inizio dell’anno sono 156 i morti al 30 marzo, secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna!
Rallentiamo i RITMI di LAVORO che diventano forsennati e servono solo per garantire i tempi di consegna, e cioè il PROFITTO, ma non garantisce affatto la vita.
Bisogna pretendere la manutenzione costante e seria, i macchinari nuovi e tecnologicamente avanzati, ma sicuri e i dispositivi e le misure di sicurezza, altrimenti dovremo continuare a contare i danni a scapito degli operai e delle loro famiglie.
Aumentano, nonostante la crisi produttiva, morti, infortuni e malattie professionali, mentre continua la scia di morti per AMIANTO nelle fabbriche di tutto il Paese.
In Sicilia da Siracusa, a Priolo, all’Enichem di Gela (ora Raffineria di Gela con 23 dirigenti indagati per l’inquinamento ambientale), alla Raffineria di Milazzo, alla Fincantieri di Palermo, dove proseguono i processi per i morti di amianto, ci sono inquinamento e i morti.
Ma anche a livello nazionale, dalla Dalmine di Bergamo alla ex Ilva ora Arcelor/Mittal di Taranto, in mano ai padroni indiani, che in quanto a sfruttamento e inquinamento non si differenziano affatto dai padroni italiani, anzi pretendono anche l’immunità penale! A Taranto su questo c’è stato un importante convegno di cui saranno pubblicati a breve i documenti.
Non si può continuare a morire in fabbrica perché per i padroni gli operai sono merce da consumare senza vincoli morali né limiti!
Uomini e donne, giovani e meno giovani, schiacciati in un macchinario o sotto il carico di una gru. Corrosi da sostanze tossiche e nocive, o consumati ‘lentamente’ alla catena. La sicurezza viene considerata sempre una spesa da ridurre, la formazione è inadeguata, impera la precarietà, e l’assenza di controlli fanno il resto.
Le statistiche non devono servire a contare i morti e i feriti di questa guerra che i padroni scatenano contro gli operai. E dietro i grandi numeri delle statistiche ufficiali sugli infortuni, ci sono tantissimi ‘mancati incidenti’, episodi gravi che producono ‘solo danni materiali’, che vengono fatti passare sotto silenzio.
Non bastano affatto le cerimonie di commemorazione dei morti, e nemmeno le dichiarazioni del Presidente della Repubblica per fermare tutto questo. C’è bisogno di unire parole e fatti!
Ci vuole coerenza per andare fino in fondo! C’è bisogno dell’intervento diretto degli operai da organizzare in una Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territorio.
Per la Sicilia scrivere a: retesicurezzalavorosicilia@gmail.com o telefonare 338.7708110
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