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martedì 25 novembre 2014

Operaio morì sulla nave, quattro indagati: "Violate le norme di sicurezza"

Operaio morì sulla nave, quattro indagati: "Violate le norme di sicurezza"
Alessandro Di Trapani perse la vita mentre lavorava sulla Cossyra. Sotto accusa armatore, comandante, un altro ufficiale e l'impresa


15 novembre 2014


ALESSANDRO Di Trapani non doveva morire quel giorno di maggio dentro alla motonave Cossyra. Non sarebbe successo nulla, sostiene la procura, se solo quell'operaio fosse stato avvertito che non doveva usare quella saldatrice perché c'erano vapori infiammabili che avrebbero innescato un incendio. E, invece, accadde esattamente questo: lui azionò, senza indossare alcuna protezione, quella saldatrice che innescò una fiammata. Morì il giorno dopo per le gravi ustioni che avevano ricoperto per il 75 per cento il suo corpo.

Per quell'incidente sul lavoro sulla nave Cossyra, ormeggiata al porto nel bacino di carenaggio della società Adorno, fuori dall'area di Fincantieri, il procuratore aggiunto Salvo De Luca e i pm Gianluca De Leo e Laura Vaccaro hanno iscritto sul registro degli indagati quattro nomi. Sotto inchiesta sono finiti Francesco Fontana, il legale rappresentante "Traghetti delle isole spa", società di armamento della Cossyra, Gaspare Cavasino, comandante della Cossyra e responsabile della sicurezza a bordo, Natale Pizzimenti, direttore di macchina della motonave, Vincenzo Chiavazzo, legale rappresentante della Elyteam srl, l'impresa per la quale da due settimane Di Trapani era stato assunto come elettricista e che era incaricata di eseguire i lavori di rifacimento dell'impianto di automazione del traghetto.

I quattro indagati violarono le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, sostiene la procura. In questi mesi i vigili fuoco e la capitaneria di porto hanno eseguito una perizia per verificare cosa andò storto quel giorno dentro al traghetto. Dai controlli sulla Cossyra, prima sequestrata e poi restituita, gli investigatori hanno scoperto che c'erano diversi lavori in corso quel mese di maggio. C'erano lavori di pulizia affidati alla Adormare e quelli di rifacimento dedicati al vano motore che stava eseguendo la Ely- team, ma anche operazioni di manutenzione da parte dell'equipaggio. In questo scenario si ritrovò a lavorare l'operaio di 40 anni. Non c'era un responsabile dei lavori a bordo, non era stato stilato un documento di sicurezza e nemmeno quello di valutazione dei rischi relativi all'attività lavorativa svolta a bordo della motonave, hanno svelato le indagini. Di Trapani accese la saldatrice all'ora di pranzo. E, hanno scoperto capitaneria di porto e vigili del fuoco, la Elyteam non aveva il nulla osta per "l'uso di fiamma" che doveva essere rilasciato dall'autorità marittima e il certificato di "gas free" che attestasse che nei locali, compresi quelli dove si trovava Di Trapani, non vi fossero sostanze infiammabili.


Invece, non fu così. Natale Pizzimenti, direttore di macchina della Cossyra, aveva disposto un'operazione di degassificazione della cassa di nafta senza autorizzazioni e senza cautele. Per questo si formò una sacca di gas che innescò quel rogo. Poco meno di 24 ore dopo Di Trapani era già morto, tra la disperazione della moglie e la figlioletta di 10 anni. Ieri la notizia dell'iscrizione dei quattro indagati è arrivata alla famiglia Di Trapani, che subito dopo la morte del loro parente aveva chiesto "giustizia". A difendere i genitori di Di Trapani è l'avvocato Fabio Lanfranca. "I tempi dell'indagine dice il legale della moglie della vittima, Enrico Sanseverino - sono stati molto rapidi. Adesso speriamo che al più presto la famiglia possa avere giustizia per una morte così assurda".

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/11/15/news/operaio_mor_sulla_nave_quattro_indagati_violate_le_norme_di_sicurezza-100610408/

lunedì 24 novembre 2014

Prescrizione a metà per le morti di amianto condanne definitive ai manager Fincantieri

Prescrizione a metà per le morti di amianto condanne definitive ai manager Fincantieri

La scure della prescrizione cancella un altro pezzo del processo per la strage silenziosa dell'amianto ai Cantieri navali di Palermo. Ma dopo 16 anni di udienze, le condanne degli ex direttori dello stabilimento fin canteri reggono. Ieri sera, la quarta SEZIONE DELLA Corte di Cassazione ha solo ridotto e pene agli imputati, proprio per effetto della prescrizione, che ha spazzato via 9 casi di decesso per amianto e ne ha risparmiato 21: Luciano Lemetti passa da 4 anni e 2 mesi di reclusione a 3 anni e 6 mesi, Giuseppe Cortesi da 3 anni e 5 mesi a 3 anni e 1 mese, Antonino Cipponeri da due anni e 8 mesi a 2 anni, 7 mesi e 10 giorni. La prescrizione è scattata per la morte di nove operai avvenuta fra il 1998 e il 1999. Un epilogo non proprio a sorpresa. In primo e secondo grado, la prescrizione aveva già cancellato 28 episodi di lesioni per malattie gravi e decessi. Ma nessuno sconto arriverà sui risarcimenti, che adesso verranno chiesti per tutti i familiari delle vittime. È il vero successo per le parti civili e per la procura di Palermo.
"Questa sentenza dimostra che è comunque urgente riformare le norme sulla prescrizione – dice l'avvocato Fabio Lanfranca, che in questo processo è stato parte civile per diversi familiari delle vittime e per il sindacato Fiom Cgil. – Su 62 capi di imputazione più della metà è stata cancellata. Per il resto – prosegue il legale – la sentenza conferma i giudizi di primo e secondo grado. A Palermo, Fincantieri ha violato sistematicamente la normativa sulla sicurezza, senza informare i lavoratori né dotare gli operai degli strumenti di protezione. Secondo i dati emersi dal processo – spiega Lanfranca – 1.750 persone sono state mandate in pensione con contributi statali dopo che per anni erano state esposte all'amianto."
Nelle case dei familiari delle vittime, la sentenza provoca sentimenti opposti. "Siamo allibiti", dice Annamaria Arcoleo, che si è costituirà parte civile per la morte del padre: "La prescrizione ha salvato questi signori da pene più pesanti". Michele Arcoleo, operaio addetto al rivestimento delle caldaie morì a 59 anni nel 1998.
Gioisce a metà, invece, Maria Tricomi. Suo padre Antonino fu stroncato dall'asbestosi nel 2002. "E' una verità che poteva arrivare prima – dice – però è arrivata. Sono contenta che qualcuno sconterà i suoi errori". Antonino Tricomi era un "tracciatore", la malattia se lo portò via in un anno. "Non gli dicemmo la verità sulla sua malattia – racconta Maria – avrebbe saputo della sua condanna a morte."
Annamaria Arcoleo insiste: "Noi speravamo nella giustizia e in una condanna esemplare. Il risarcimento? Non è per quello che abbiamo aspettato questi 15 anni". Annamaria ricorda ancora i giorni terribili che seguirono alla morte del padre: "Ci cadde il mondo addosso, siamo sette fratelli. La verità è che quegli operai vennero trattati senza alcun rispetto, morirono per il loro lavoro. Noi vogliamo che questo non accada più".
Soddisfatto della sentenza l'Inail: "E' stata confermata la nostra linea in base ala quale riteniamo che l'istituto ha diritto ad essere indennizzato per quanto ha dato alle vittime e ai loro familiari in termini di sostegno economico", dice l'avvocato Giuseppe Vella. L'Inail ha pagato 8 milioni e mezzo di euro per prestazioni assicurative e ha già avuto una provvisionale di 4 milioni e 100mila euro.

La Repubblica Palermo

22 novembre 2014

Resta schiacciato dal montacarichi: operaio in coma a Partinico

Gravissimo infortunio sul lavoro in un marmificio di Partinico. Si tratta della "Calandra marmi" di contrada Raccuglia, che ha sede vicino alla caserma della compagnia cittadina dei carabinieri. Ieri pomeriggio è finito all'ospedale in condizioni disperate un operaio di 48 anni, L.C.A. di Mazara del Vallo, dipendente della ditta "Mestra srl" della stessa cittadina mazarese, alla quale si era rivolto il gestore del marmificio per la rimozione della tettoria del capannone, essendo la "Mestra" un'impresa specializzata nel settore. L'operaio è ricoverato nel nosocomio partinicese.  È in coma e la sua vita, dicono i sanitari, è appesa a un filo sottile.
L'uomo verso le 15,30 di ieri stava lavorando in un cestello del montacarichi, che lui stesso azionava, e stava salendo per raggiungere il tetto del capanno dove doveva procedere alla rimozione della vecchia tettoria. quando è rimasto improvvisamente schiacciato tra il cestello e la trave d'acciaio che sorregge la  copertura. In pratica, pare che non si sia accordo di essere giunto già alla sommità e che no c'era più altro spazio da percorrere in salita.

Scattato immediatamente, a prestare all'operaio i primi soccorsi sono stati i dipendenti del marmificio che hanno allertato il 118. sul posto è subito arrivata un'ambulanza dell'ospedale di Partinico, che a sirene spiegate ha trasportato il ferito al pronto soccorso, dove le sue condizioni ai medici di turno sono apparse subito gravissime. Sul luogo dell'infortunio, intanto, erano intervenuti i carabinieri della compagna partinicese, che conducono le indagini, e personale dello Spesal (Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) per gli accertamenti del caso. Le verifiche operate dai tecnici hanno accertato il regolare funzionamento del macchinario, ossia del montacarichi, che come detto era azionato dallo stesso operaio. Nessuna irregolarità è stata riscontrata neanche per quanto riguarda la posizione lavorativa dell'uomo, che è risultato un dipendente in perfetta regola della ditta "Mestra" per la quale lavorava.

Giornale di Sicilia
22 novembre 2014