Secondo i dati ufficiali dell'Inail che
come sappiamo non sono mai completamente veri in Sicilia il numero
degli infortuni mortali sul lavoro sarebbe diminuito del 40% passando
dagli 87 del 2009, ai 56 del 2011.
A parte il fatto che 56 morti sul
lavoro non possono essere motivo di soddisfazione, come fanno ogni
volta coloro che compilano statistiche, gli ultimi incidenti mortali
in Sicilia ci ricordano che anche nel 2012 si continua a morire sul
lavoro e come ci ricorda giustamente Soricelli dell'Osservatorio di
Bologna: “In Sicilia nel 2011 rispetto al 2010 non c’è stato
nessun calo dei morti SUI LUOGHI di lavoro: erano 42 nel 2010 e sono
stati 42 nel 2011. Sono 31 dall’inizio dell’anno nel 2012. Il
numero inferiore segnalato dall’Osservatorio non deve trarre in
inganno: se si aggiungono i morti sulle strade e in itinere che sono
considerati giustamente come morti sul lavoro dalle statistiche
ufficiali si arriva tranquillamente a raddoppiare le vittime che
segnaliamo.”
A questa situazione comunque va
aggiunta un'altra considerazione: se i numeri sono quelli
dell'Osservatorio i morti sul lavoro in percentuale sono perfino
aumentati dato che nell’isola a causa della crisi si è
assottigliato il numero dei cantieri delle opere pubbliche come della
ristrutturazione o della nuova costruzione di edifici privati e a
decine hanno chiuso gli stabilimenti industriali. Se non c’è
lavoro non si muore di incidenti sul lavoro.
La Fincantieri di Palermo ne è un
esempio: se gli incidenti sono diminuiti (ma questo è tutto da
appurare dato che su questo all'interno vige la consegna del
silenzio! Soprattutto per i tanti operai dell'indotto quasi per
niente tutelati) è dovuto al fatto che quasi tutti gli operai sono
in cassa integrazione da almeno un anno.
In queste classifiche poi non si tiene
conto del lavoro nero soprattutto nell'agricoltura e nell'edilizia e
anche nel piccolo artigianato che impiega anche tantissimi immigrati.
La Regione Sicilia si vanta dei
“risultati” raggiunti attraverso il “Piano straordinario per la
tutela della salute e la sicurezza 2010-2012” che nella sostanza si
è risolto in milioni ufficialmente spesi (non conosciamo veramente
che fine fanno tutti questi soldi) per l'informazione e la
“formazione” invece che nella prevenzione vera.
Di questa stessa pasta sono fatti i
vari Osservatori e Tavoli tecnici tra Regione e sindacati confederali
che tra i punti hanno quello di “promuovere il sostegno alle
imprese per la tutela della sicurezza sul lavoro” e “predisporre
l’incentivazione dei contratti di apprendistato(!). Due punti nella
sostanza contro la sicurezza sul lavoro.
L'utilizzo mai contrastato delle
pratiche degli appalti ancora al massimo ribasso sono un costante
ricatto nei confronti dei lavoratori e contribuiscono ad accrescere i
problemi della sicurezza.
Se la fabbrica, rispetto alla battaglia
sulla sicurezza è e resta il cuore del problema, ci sono altri
ambiti dei quali non solo si parla meno ma rispetto ai quali non si
fa assolutamente niente, come le malattie professionali cui si lega
lo stress (per noi ne è un esempio il Policlinico di Palermo dove
stiamo seguendo diversi casi che riguardano in particolare
lavoratrici ).
Per non parlare delle strutture come
gli stessi luoghi di lavoro, le scuole o i centri storici cadenti.
Il “caso Ilva” ha risvegliato anche
in Sicilia l'allarme per l'inquinamento ambientale causato
principalmente dalle raffinerie di Milazzo (e la magistratura ha
aperto adesso un'inchiesta!) e quelle di Priolo-Gela. E quindi ha
risvegliato un interesse più generalizzato dell'opinione pubblica
siciliana che dobbiamo saper utilizzare per riportare all'ordine del
giorno la questione salute e sicurezza nei termini in cui la Rete se
ne occupa dalla sua fondazione.
Sull'Ilva, quindi, abbiamo fatto
interventi alla Fincantieri e tra i nostri lavoratori dei vari cobas
per far conoscere la lotta che la Rete da anni ha iniziato a fare e
cosa attualmente fa lo Slai cobas per il sindacato di classe,
dobbiamo controinformare e sensibilizzare spiegando la difficoltà
della giusta posizione da tenere contro governo e padroni e nella
falsa contrapposizione tra “ambiente” e lavoro” perché anche a
Palermo il Cobas Confederazione ha diffuso posizioni sbagliate.
L'impegno di un'iniziativa nazionale,
sia del convegno che della manifestazione, serve sicuramente a
mobilitare su un piano più ampio i lavoratori, che in questo devono
essere i primi militanti perché direttamente coinvolti.
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